Collise d'Estate
ubriaco
ritorno
a quei giorni
divelti
domenica 29 agosto 2010
venerdì 27 agosto 2010
ALL'URLO
I
Qui
prima d'oggi
eravamo
nei cuori
dove vivo
prima d'oggi
eravamo
nei cuori
dove vivo
si ascolta il passaggio.
Albori di notti stagnanti,
affonda nei vicoli neri
la luce dell'immaginazione irradia nuove comete
( la tigre divampante fiamma nella foresta della notte),
la dinamo stellata del macchinario notturno
brucia le teste angeliche degli antichi cieli,
lascia che il ciclope dall'oscurità
tragga la prima visione.
Nelle umide vie
la cenere dei poeti,
sui corpi nudi al vento
si apre il battito della strada,
una cascata di oscurità tira fino alle somme del cielo
un migrare di forme
barlumi nottetempo riemersi
corrono affari tra scimmie,
la vendita ambulante dei destini all'urlo dei mercanti
sui tetti camminano i fati.
Come un carnefice caduto dal sogno
la vittima invoca il perdono
di chi è svanito in campi di rose all'alba,
di chi ha vagato miglia di ferrovie
all'ombra del taciturno infranto
perdendosi,
di chi è crollato in pianti a dirotto di becchini messi a nudo,
teschi, prede vulcaniche,
sotterranei di metropoli urlanti,
ricomparse senza copione,
una ressa di volti a sparire.
Corpi in fiamme
i carrettieri dell'Assoluta realtà
traghettano alla città fantasma
la solitudine dei reami dorati
corpi fatti pietra,
il deserto chiama l'anima alla sete.
collassa le briglie dei verdoni
l'occhio del potere
gli amanti legati al vecchio tronco
gli orologi scagliati in eternità di lancette
apri un varco
la veglia è un terremoto.
la veglia è un terremoto.
Trascinati con occhi di gemma,
di abissino,
ora che hai visto con occhio raddoppiato
le volte che il nero affonda
nella vescica della notte,
la pelle scavata
di questa carne al macello,
dei fuorilegge che bazzicano i bassifondi,
dilaniate le bolgie,
accese braci di cadavere
affogare nei marosi riarsi
i mille nomi di questo inganno,
i mille ignoti di questo canto.
II
La visione di ciò che ho visto
affonda
il fiume tace
angelici nudi
vuoti bardo
collane d'avorio,
nei cortili di sempreverde
cimiteri nascenti,
voci per coro
bocche da sfamare
a fuoco avanza
la danza delle ore
la pallida idea
che nessuno possiede
* liberamente ispirata a Howl di A. Ginsberg *
mercoledì 25 agosto 2010
venerdì 20 agosto 2010
Punta Panica
Serale questo silenzio che cade in brama di parole
anche se non sontuosi versi,
anche se non iperboli maestose,
un passaggio
un trasalire oltre ogni possibile congettura dei fatti,
un tentennamento che sente arrischiarsi un richiamo,
disorientato si brancola intorno,
un balbettio millimetrico tra una chiosa e l'altra di uno sfitto di respiro
che non sa dove balenarsi,
che si intoppa in muse di cani raccattati dai padroni malmessi,
in bisbigli di amanti di metà agosto a sferragliarsi intimità di baci
sulle panchine accolite,
in gente che si fa mentore del proprio tramandarsi ai posteri,
che si imbeve nel verde sfracelo degli alberi,
nel sole attingersi che si trapela sfolgorando in assortite di riflessi,
nel mesto ghermire di conigli sul prato accomodati e le capre
che mangiano sempre,
e poi inesauditi incroci di volti noti mille anni dopo,
quasi riconoscendosi amico,
le tumefatte trame che si rapprendono
come stonate improvvise decapite misure delle fratture,
della dismisura di questa mia anima a pezzi, porosa, dilapidata a crepe
che si ravVEDE
a sanguinare
Serale questo silenzio che cade in brama di parole
anche se non sontuosi versi,
anche se non iperboli maestose,
un passaggio
un trasalire oltre ogni possibile congettura dei fatti,
un tentennamento che sente arrischiarsi un richiamo,
disorientato si brancola intorno,
un balbettio millimetrico tra una chiosa e l'altra di uno sfitto di respiro
che non sa dove balenarsi,
che si intoppa in muse di cani raccattati dai padroni malmessi,
in bisbigli di amanti di metà agosto a sferragliarsi intimità di baci
sulle panchine accolite,
in gente che si fa mentore del proprio tramandarsi ai posteri,
che si imbeve nel verde sfracelo degli alberi,
nel sole attingersi che si trapela sfolgorando in assortite di riflessi,
nel mesto ghermire di conigli sul prato accomodati e le capre
che mangiano sempre,
e poi inesauditi incroci di volti noti mille anni dopo,
quasi riconoscendosi amico,
le tumefatte trame che si rapprendono
come stonate improvvise decapite misure delle fratture,
della dismisura di questa mia anima a pezzi, porosa, dilapidata a crepe
che si ravVEDE
a sanguinare
mercoledì 18 agosto 2010
lunedì 2 agosto 2010
BRONDIANA
Alla centrifuga a mescolarsi,
Che dire di questa odissea di mozziconi e vie dibattute,
di parole a diaframma senza paura della punteggiatura,
muri a caduta libera all'avanzata di notti rubate alla forza lavoro,
agli introiti fiscali,
lontananze lagunari di isole fenici,
notte elettrica a ridosso
del panorama scheletrico del mondo.
Ticket autostradali verso l'infelicità,
risvegli a bocca amara impastata di corpi a mille involucri,
cronometri tarati su corde di chitarre smisurate, versi per bonifiche dei cuori,
messi a nudo di sbronze sentimentali,
appuntamenti a date da rimandati.
Mentre l'eurostar avanza, il retroterra sprofonda negli ingorhi autostradali,
gli autogrill sono san valentino tutto l'anno,
ogni istante un abisso dimenticato.
Alla centrifuga a mescolarsi,
la Tv che sbanda sui telegiornali, le veline che corrono sui fianchi,
dannate ninfe a gasolio, ad Iperuranio.
Scorticate anche i bambini sul prato,
le nuvolette dei fumetti sono intossicate,
le nuvolette dei fumetti sono intossicate,
si vendono icone a scadenza variabile
versate al contrabbando di violette innocenti
abbiamo visto disintegrare i passaggi in via degli amanti.
E poi migrano le anime
nelle intercapedini accese
dai notturni,
sull'asfalto ancora caldo
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