martedì 9 novembre 2010


Al mio mai abbastanza amato Grace ( 2002 -  8 / 11 / 2010 )




   Per l'ultima notte
        hai riassaporato
 la tua natura selvaggia
   anche se ti chiamava a morte,

 e perchè ora continuare a chiudere la porta
     se non c'è più nulla di prezioso da proteggere
              perchè tornare a casa
      se non c'è più nessuno ad aspettarmi

                    e così vuota ora
                              e chi mi veglierà ?





Mi abbandono alla saggezza delle lacrime
anche se forse non ne ho abbastanza per piangerti
 anche se forse non risaneranno 
   il mio dolore                          
la morte tira via la morte
  la vita tira via la vita, 
la vita va avanti
   e alcuni, che sono sempre i molti a sapere 
mi diranno
    che eri solo un coniglio







sabato 6 novembre 2010

 Ma a CHi vuoi darLa a Bere  !?
( alcune specie di recensioni tratte dal Dimenticatoio
                 a cura del grande Dimenticatore,
     che poi sarei io..... )


IL GRANDE BALZO di Claudio Merini  ( Narrativa )


Singolare romanzo di liberazione.
Un gesto istintivo, una presa di posizione, un atto inconsulto a rottura delle logiche del profitto, della routine quotidiana, una pedalata che si fa lungo termine dalla propria breccia,
verso il proprio essere quale che esso sia.
Incontri che si inanelano verso il congedo. Finale a sorpresa.
Molto bello, ficcante, ricco di riflessioni precipue, consigliato a chi ama involarsi.

Un pugno carezzevole allo stomaco


Una Solitudine Troppo Rumorosa  ( Narrativa )

Come un ciarliero di buon mattino che ha come ritmo del giorno una pressa da svariate tonnellate scandita sulla impalcatura di un ossatura poetica, Hanta, protagonista e alter ego di Hrabal, avanza nei giorni come già fossero rovine e ricordi, da un baldacchino tappezzato a soffitta di libri, tra brocche di birre paniche per scolarsi la sera, da cubitali di lettere morte fatte opere d'arte di cieli agglutinati e trasalite di pensieri come in sogno viatici.
A Praga, la fine di una epoca, di un modo di essere, di un modo di incedere fino alla decantazione.

Poetico oltre la misura della prosa


PER RISPLENDERE DEVI BRUCIARE  di John Giorno  ( Poesia )

Burn and pray, and pray and burn,
brucia e prega, e prega e brucia il petrolio della tua lampada, lo stoppino intriso fino a colmarla, recitati come un mantra ad alta voce fino allo sfinimento, fino a farti pratica inevasa, fino a raccimolarti quel briciolo di te che brancola per le strade, fino al rapimento, fino a risplendere nel canto.

Ipercalorico a polmoni pieni


ANGELI DI DESOLAZIONE   di Jack Kerouac  ( Narrativa )


Dalla realizzazione della vacuità sul picco, alla discesa nel campo nomade della strada,
nelle perse vie irrevocabili di città sbuffanti note stonate,
angeli smemorandi della propria natura divina incurvati in membra umane ordite a peccare,
a mentire, a uccidere, a redimersi purgando la propria esistenza in un canto;
Kerouac prosegue il suo reportage su questa terra, ligio al suo proposito di illuminazione sulla strada,
ligio alla sua compagnia di epigoni stravaganti,
ligio al suo amore per questi suoi angeli della desolazione.

Biblico tormentato




LA TERRA VISTA DALLA LUNA  di Claudio Morici  ( Narrativa )


Freud direbbe che si tratta di una lunga elaborazione del lutto.....
Bel romanzo, divertente, esuberante, pieno di humor, sarcastico, disilluso, amaro.
Da leggere nelle notti invernali o in un ostello della gioventù

Allunnaggio terreno

mercoledì 27 ottobre 2010

Ma a CHi vuoi darLa a Bere  !?
( alcune specie di recensioni tratte dal Dimenticatoio
                 a cura del grande Dimenticatore,
     che poi sarei io..... )
 
 
TRISTESSA di Jack Kerouac ( Narrativa )

Eccolo Kerouac al lumicino della mansarda issata sul cielo stellato.
Col volto chino e gli occhi ubriachi di lacrime sciogliersi in lunghe appassionate lettere d'amore, delicati inni a muse dagli occhi incalliti, dalle vene pompe, dai silenzi di strada.
Come una prosodia be bop si snoda il tempo battuto a Città del Messico,
dove Kerouac si innamorò della bella Tristessa, prostituta tossicomane e dolce quanto spigolose le ossa della sua magrezza. A grumi di sangue imbevuto di tristezza si consuma questo volo di anime disperate, cOme un ululato alla luna di traverso, come una carezza che il corpo accoglie senza sapere, come una lacrima che scende nel versante interno degli occhi stessi, un amore lacerato vissuto all'ombra della desolazione.

Insieme ai Sotterranei, questo romanzo ispira un Kerouac diverso a mio parere, dove l'eccesso si addolcisce, dove la smania rombante di filare via per le strade, cede a un postura, a un bisogno più terreno, più semplice di intimità e idillio amoroso.

A incalzo poetico



SUMMA DI MAQROLL di Alvaro Mutis ( Poesia )

Sull'orlo dell'oblio abbarbicato, il suo giaciglio,
Maqroll il gabbiere spira memorie fitte come arborescenze che pululano d'intorno i fiumi templari,
flutti a lungo percossi.
Distillato in versi della sua saggezza, della sua esperienza,
si accendono le voci e le immagini intrise come un pulviscolo di vite a tacere.
Con gli occhi spigliati la morte, sempre presente, deambula,
tirando le fila dei versi,
come incalzo costante dell'umano trascorrere su questa Terra.

Come muschio ombroso


FISICA LISERGICA di Alessandro Haag
                         ( in coll. con Leonida Gianfagna ) ( Saggistica )

Può
       il parossismo ubiquo
                                      delle particelle
                                                              colmare l' Infinito ???

Architetture della Percezione


DIO IL MACEDONE di Tiziana Cera Rosco ( Poesia )

Con salubre cinismo da mattatoio, sotto l'egida di luci a precipizio e la scure in volto aperta al dolore che presiede il mondo, la poetessa, ci spalanca gli occhi con questa cavalcata di alberipuledro tra le fila dislocate dei giorni opachi che scorrono nelle ore perse, nei rientri notturni, nelle attese, nelle improvvise illuminazioni,
memoria dell'immemore, linea sottile dell'incarnazione, l'atto della visione.
Una ricerca, una deriva, una volumetria dello spirito,
perchè infine,
l'assoluzione è il compito dei giorni, 
vuoto elevato 
                    a Giorno Vero.

 Leggendario


FEDRO di  Platone  ( Narrativa )

Per me il più bello dei dialoghi platonici, il più poetico, il più passionale al pari del Simposio.
Socrate si imbatte in Fedro, che ha appena ascoltato a suo dire il più bel discorso sull'amore. Socrate, non potrà esimersi per la sua natura, per la sua curiosità, per la sua ironia, dall'accompagnarsi a piedi scalzo ( sua predilizione da satiro ) fuori le mura della città di Atene ( caso unico nei dialoghi platonici), ed ascoltare, prima di inebriarsi e inebriarci guidandoci sul carro alato alla volta degli dei in una lunga palinodia sull'amore, sulla mania, sulla reminiscenza, sull'arte del discorrere, sulla dialettica.
Sembra di essere lì presenti, trasportati sull'Ilisso e oltre.

Iperuranico

venerdì 24 settembre 2010

Il grande balzo



I ripetuti sogni che hanno una spina nel fianco,
        
        il rosso esploso delle foglie,



       la vita piegata sul bancone della spesa,

    le caduche dei rampicanti nei riverberi accesi


         
            ed i tramonti



lo sguardo asciutto sulla mattina dei traversi,


                l'intercorso dei passi


        smisurato


         si rimane così,

                                   spopolati,


                                        è questa piena di luce

           
                   che ci sparpaglia
 

mercoledì 22 settembre 2010

  Sulla Strada


Storie a stampo
                        che premono tra l'osso sacro e il cuore

 pensieri a molla
                         che tirano ad acciaieria,

tra vie scaracollando in transito

           un gesto di poeta

                        nella rottura degli universi


                                                       da questo dirupo di gengive

                                                  che avevano del giudizio

                                                    DENTI


sabato 18 settembre 2010

Howling

 
 When i was lost repairing my chair


     the unsuitable evening door boat cloaning


 on the smoothing reveal of joy


   under the knickerbockers negro of the wall


       thundering flash of mind


   cool jewels of nocturn abyss of the stream


         unreaveled nature


    Quando mi persi riparando la mia sedia


il dolce amaro guasto di sera la porta nave scrosciando


     sul perticato lucidato a gioia


   sotto i guantoni negri del pugile suonato


    dagli occhi pesti tuoneggiando scarti di mente


illuminati


Nota.


Ora che estraggo dal compatto da mare, l'edizione cantonata a kaddish
il lamentevole d'amore,
le vacche sacre,
lo sguardo incanto canto accanto degli occhialini a nuoto di acque
a misura d'uomo,
e il telo cassiopeo e la crema anticelere pelle arrosto,


the key is in the window, the key is in the sunlight at the window,
I have the key, love u mother....
strange prophecies anew, everything is a vision drop out from the world,
you are, you are falling turning in the shadow renowing the sun 
blowing up the easy way of night,
the manner of streets pulsating the heart of earth


rambling the pneumatic field of true yard of your soul alive in the numb,
ogni cosa è esplosa e cadendo a ritroso danza
nel riparo di mezza frontiera, le grame attizzate a vetro si precipita il cielo,
le vettovaglie per brunch filati lisci in boccali di birra
impasto dorato 


il sole sparpaglia alla finestra la rosa dei venti,


cogliendo al volo la prosa, la posa, la cosa, la rosa.....

sabato 11 settembre 2010

giovedì 2 settembre 2010


Agli spiriti senza reQuie(m)



Da FinTo diArio 
             
     ( in disordine  cronologico )


                             di Guido Gerboni




14 / 3 / 2010


Quale inferno ci canterà la notte,


                        quale girone verrà ad abbracciarci, 

                              quale bolgia ci accoglierà

e
noi incontro


senza la devozione di un Dante,



                               senza la
filigrana di un Miller,


                                                                      senza la rugiada di un Ungaretti,


soli


con la nostra speranza vegetale,


soli


                         con la nostra desolazione



in
mano agli angeli.


Quale brace ci accenderà l'anima,  

                                             ci illuminerà le ossa,
                          
                                                       ci
irradierà le vene fino ad inverarci.


Cammino
 

 sul filo di lana,

cadono parolecome costole d'adamo
venire a meno di sazietà, approssimarsi all'apice, al terrapieno,

battaglie a vuoto,
facciate di cortesia, istinti bellici,

mani che sovrastano a improvvise rotture,

                                                    a irrompere di qualcosa che somigli alla morte,

                                                       che porti ancora,
                      
                            che sappia ancora la leggerezza,

                                                                 la freschezza

                                                                    di una morte


   Uno sciame di farfalle 

                                          a questa scrittura

                                                                                            invaderà le strade

domenica 29 agosto 2010

 Collise d'Estate


  ubriaco

ritorno

  a quei giorni

                 divelti


venerdì 27 agosto 2010

         ALL'URLO                                

         
                                          I
                             
                         Qui

                                prima d'oggi 

                       
                                                        eravamo 
      nei cuori     

                     dove vivo

                                    si ascolta il passaggio.
    
   
   Albori di notti stagnanti,

                     affonda nei vicoli neri

            la luce dell'immaginazione irradia nuove comete

                        
       ( la tigre divampante fiamma nella foresta della notte),

        la dinamo stellata del macchinario notturno

                                       brucia le teste angeliche degli antichi cieli,
                                                                               
                                                                            lascia che il ciclope dall'oscurità
                                tragga la prima visione.
     
   
   Nelle umide vie                     

                  la cenere dei poeti,                                                
                                                  
                                                   sui corpi nudi  al vento       
  
  si apre il battito della strada,                  
       
             una cascata di oscurità tira fino alle somme del cielo                          
                          
                        un migrare di forme

        barlumi nottetempo riemersi

                                   corrono affari tra scimmie,

          la vendita ambulante dei destini all'urlo dei mercanti

            
                 sui tetti camminano i fati.



         Come un carnefice caduto dal sogno

                                             la vittima invoca il perdono

            di chi è svanito in campi di rose all'alba,                                                     

                               
                                di chi ha vagato miglia di ferrovie

                                                              all'ombra del taciturno infranto

                                        perdendosi,                          
                     
                   di chi è crollato in pianti a dirotto di becchini messi a nudo,

                                                            teschi, prede vulcaniche,

               sotterranei di metropoli urlanti,

                                                 ricomparse senza copione,

                                                                   una ressa di volti a sparire.
        

              Corpi in fiamme

                                  i carrettieri dell'Assoluta realtà

              traghettano alla città fantasma

                                                      la solitudine dei reami dorati

           corpi fatti pietra,

                                        il deserto chiama
l'anima alla sete.

  
collassa le briglie dei verdoni

             l'occhio
del potere

    gli amanti legati al vecchio tronco                  
              
                              gli orologi scagliati in eternità di lancette  
      apri un varco

                          la veglia è un terremoto.
                      
       
     Trascinati con occhi di gemma,

                                     di abissino,

                    ora che hai visto con occhio raddoppiato

           le volte che il nero affonda

                                     nella vescica della notte,

         la pelle scavata

                                di questa carne al macello,
                                                   

   dei fuorilegge che bazzicano i bassifondi,

                 dilaniate le bolgie,

                               accese braci di cadavere

                                                                   affogare nei marosi riarsi 
                                
                      i mille nomi di questo inganno,

              i mille ignoti di questo canto.


              II
   
  La visione di ciò che ho visto

              affonda        
                          il fiume tace
         
 
         angelici nudi
    
                vuoti   bardo
 
   

   collane d'avorio,
 
      nei cortili di sempreverde

                            cimiteri nascenti,

     voci per coro

              bocche da sfamare

                                  a fuoco avanza

       la danza delle ore
                        
                      la pallida idea
     
                                                          che nessuno possiede
  

 
           * liberamente ispirata a Howl di A. Ginsberg *